L'economia
di guerra
Tutte le energie degli stati belligeranti vengono concentrate sulla
nuova economia di guerra. Il protrarsi del conflitto va bruciando
risorse umane e materiali a ritmo incalzante. Le strutture economiche e
sociali coinvolte nel sostegno allo sforzo bellico risultano fortemente
condizionate da questo stato di cose. Le spese belliche incidono
fortemente sui bilanci degli stati, che cercano di fronteggiare i
rispettivi gravi deficit ricorrendo a manovre diversificate: aumento delle
imposte, emissione di prestiti pubblici, incremento della circolazione
monetaria. In tutti gli stati belligeranti si
assiste al sorgere di organismi deputati a programmare e controllare la
produzione degli armamenti e più in generale dell'economia. Su questo
piano uno dei fattori determinanti che gioca a favore dell'intesa è
l'estensione degli imperi coloniali che essi controllano: un bacino
quasi inesauribile di risorse umane e materiali. Per sostenere il
prolungarsi del conflitto, la Gran Bretagna può contare sull'afflusso
di uomini dai dominions e dalle colonie. Alla fine della guerra i caduti
di Canada, Australia, Nuova Zelanda, India e Sudafrica, ammonteranno a
più di 200.000. L'Australia impianta Industrie belliche sul proprio
territorio e invia a proprie spese operai a lavorare negli stabilimenti
inglesi, mentre l'India apporta il suo contributo fornendo 100.000
animali da soma alle truppe britanniche che combattono in Mesopotamia. |